PANE BURRO E CAFFEINA #75 ☕
Le tendenze che stanno ridefinendo la ristorazione (e come restare al passo) Parte 2
Ciao, sono Alessandro Vannicelli e questa è Pane Burro e Caffeina, uno sguardo su tutto ciò che ruota attorno a social, digital e food. Strategie, insight, curiosità, e qualche aneddoto personale, tra piattaforme, algoritmi e piatti che fanno parlare. Questa Newsletter vuole essere uno spazio libero di condivisione di idee e spunti, per chi vuole restare aggiornato e connettere idee, business e palato. Senza seguire i trend del giorno o della settimana ma recuperando notizie e riflessioni, per focalizzare, cercando di essere rilevante.
Nel primo episodio di questa serie abbiamo osservato come il concetto di ristorazione stia cambiando pelle, abbracciando una nuova idea di esclusività più accessibile, fluida e orientata alla condivisione.
Ma l’evoluzione non si ferma al piatto o all’ambiente. Sempre più spesso, l’innovazione si inserisce nei processi, nel modo in cui comunichiamo un’esperienza e nel modo in cui i clienti la vivono. Social media, realtà aumentata: strumenti che fino a poco tempo fa sembravano lontani dal mondo della ristorazione oggi stanno diventando parte integrante del settore.
In questa seconda tappa ci addentriamo nelle pieghe più social (e narrative) del food: analizziamo come il digital storytelling sta trasformando la relazione tra ristoratore e cliente, come si costruisce un ristorante “Instagrammabile” e quali sono i rischi dietro l’estetica virale.
Continuiamo il viaggio.
Seguitemi in cucina!
3 Il ruolo dei social - Da fine dining a fine scrolling: l’esclusività è nel contenuto
Oggi, grazie ai social media – in particolare TikTok e Instagram – il concetto di “locale iconico” non è più legato solo al concetto di esclusività. Un piccolo ristorante di periferia, un food truck con un piatto virale o una pasticceria con un dolce scenografico possono diventare mete di pellegrinaggio, spesso con più hype di un ristorante stellato. Analizziamo insieme, rischi e benefici.
La nuova “valuta” della ristorazione è l’attenzione online. Se un locale riesce a catturare l’immaginario digitale, può diventare un must-visit indipendentemente dalla fascia di prezzo. Alcuni elementi chiave che stanno ridefinendo l’idea di esclusività:
Esperienze "Instagrammabili" – Il successo di ristoranti come Sketch a Londra, Cédric Grolet a Parigi o El&n cafè a Milano, dimostra che l’estetica e la capacità di creare contenuti visivi attrattivi sono ormai parte integrante del business model. Un ambiente scenografico, piatti con un impiattamento che richiama una certa estetica, e mise en place curate nei minimi dettagli trasformano il locale in una destinazione digitale prima ancora che fisica. L’uso di colori accesi, geometrie precise e impiattamenti scenografici è utile per ottimizzare la condivisione su Instagram e TikTok. La cultura del #restauranttok ha reso alcuni piatti più noti per il loro aspetto che per il sapore. Video e commenti rendono la ricerca di un ristorante interattiva e coinvolgente.
Piatti virali e food trends su TikTok – Un ristorante può guadagnare notorietà globale grazie a una singola creazione di successo. Dalla Pasta al Parmigiano di Portrait a Milano, dai Pasta Chips di Baked by Melissa alla burrata con miele virale su TikTok, la visibilità online può trasformare un piatto in un fenomeno culturale. Questo ha permesso a locali di nicchia di attrarre pubblico a livello internazionale in brevissimo tempo, senza bisogno di riconoscimenti ufficiali.
Food storytelling e autenticità – Gli utenti social premiano sempre di più il backstage e la narrazione autentica. I video che mostrano la preparazione di un piatto, il rapporto con i produttori locali o la storia personale di uno chef rendono il locale più accessibile e creano una connessione diretta con i clienti. Anche, ma non solo, contenuti prodotti in modo amatoriale o comunque in ottica UGC.
Il valore della scarsità – L’esclusività non è più solo legata al lusso, ma anche alla disponibilità limitata (o un prodotto che diventa iconico, perchè disponibile “solo” in quel locale o ristorante). Esempi come i pop-up restaurant di ChefTable o il boom delle bakery con dolci disponibili solo per poche ore al giorno (come la Levain Bakery di New York), o il famoso maritozzo di Pavè (prima disponibile per qualche giorno e poi inserito nel menù a furor di Social Media) dimostrano che il concetto di “limited edition” funziona anche nel food business.
Influencer e creator come nuovi critici gastronomici – Oggi, una recensione di un food creator di TikTok con migliaia (o alcune volte milioni) di follower può avere più impatto di una stella Michelin. Alcuni creator hanno il potere di decretare il successo immediato di un locale, portandolo da sconosciuto a virale in poche ore.
Qualche dato
87% dei clienti ha visitato un ristorante perché lo ha visto sui social media (dati OpenTable).
1 cliente su 5 prenota un ristorante per avere l’occasione di poterlo postare online.
1 su 3 sceglie un locale specifico perché ha visto un piatto virale.
I ristoranti che non investono in una strategia social perdono opportunità di visibilità e prenotazioni.
Il 45% dei consumatori sceglie dove mangiare in base a ciò che ha visto su Instagram o TikTok (Deloitte, 2024).
Il 72% dei Millennials e Gen Z preferisce provare ristoranti con un’identità visiva forte e un’ottima presenza social (Statista, 2024).
Il fenomeno del “food tourism” è in crescita del +176% rispetto al 2023, con utenti che viaggiano per provare esperienze culinarie viste sui social (Forbes, 2024).
La Gen Z utilizza TikTok come motore di ricerca
Fare una ricerca su TikTok è spesso più interattivo che digitare una query su Google. Invece di limitarsi a sfogliare muri di testo, i Gen Z fanno crowdsourcing di consigli dai video di TikTok per individuare ciò che stanno cercando, guardando video dopo video per selezionare il contenuto. Verificano infine la veridicità di un suggerimento sulla base dei commenti pubblicati in risposta ai video.
Questa modalità di ricerca è radicata nel modo in cui i giovani utilizzano TikTok non solo per cercare prodotti e aziende, ma anche per porre domande, per ricercare significati o compiere azioni. Con video che spesso durano meno di 60 secondi, TikTok restituisce quelle che sembrano risposte più pertinenti. L’esperienza degli utenti è altamente coinvolgente e divertente da trattenere gli utenti sulla piattaforma.
In poche parole: TikTok ha dato un volto alle risposte
La sensazione che persone reali sull’app stiano sintetizzando e fornendo informazioni, da un lato aumenta la credibilità delle stesse e dall’altro permette di “vedere” ciò che non può essere (o non viene) descritto a parole.
Potentissimo.
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Ho chiesto a Alessandra Versaci, Food Creator dell’account Milano ha fame di darci un suo parere personale su come sta cambiando l’esperienza del “mangiare fuori” e come si sta evolvendo la ristorazione.
Secondo te, in che modo sta cambiando l’esperienza del “mangiare fuori” oggi?
Il concetto di “andare al ristorante” è in continua evoluzione. Se prima si usciva per mangiare bene e basta, oggi la scelta di un locale è legata a tanti altri fattori: atmosfera, storytelling, coinvolgimento. Si cerca un’esperienza che lasci qualcosa, che sia un ricordo da raccontare o un dettaglio da condividere sui social. Per questo vediamo sempre più ristoranti che curano non solo la qualità del cibo, ma anche il contesto: ambienti immersivi, format innovativi, servizi personalizzati. Il confine tra ristorazione e intrattenimento si sta assottigliando.
Credi che oggi i clienti cerchino qualcosa in più del buon cibo? Quali aspetti – atmosfera, narrazione, interazione – stanno diventando centrali?
Il buon cibo è il minimo sindacale, ma non basta più. Oggi chi esce a cena cerca un’esperienza che coinvolga più sensi. L’atmosfera è fondamentale: l’illuminazione, il design del locale, la musica in sottofondo, tutto contribuisce a creare l’identità di un ristorante. La narrazione è altrettanto importante: un piatto non è solo un piatto, ma una storia da raccontare. Chi cucina deve saper comunicare, e chi serve deve saper trasmettere il valore di ciò che sta portando in tavola. Anche l’interazione ha un ruolo chiave: oggi il cliente vuole sentirsi coinvolto, magari con esperienze di show-cooking, menu su misura o contenuti digitali esclusivi che arricchiscono la cena.
Pensi che i clienti stiano cominciando a cercare format più accessibili?
Sì, e il motivo è semplice: il mercato è cambiato. Il fine dining continua ad avere un pubblico, ma sta diventando sempre più di nicchia. La nuova generazione di food lover cerca qualità senza rigidità. Per questo stanno esplodendo format come il "casual fine dining", che unisce alta qualità e prezzi più accessibili, o esperienze di "social dining", dove la convivialità diventa parte integrante del pasto. Anche la ristorazione veloce si sta evolvendo: pensiamo ai fast food di nuova generazione, che propongono ingredienti di alta qualità senza formalismi. In un mondo dove i costi aumentano, ma al contempo si vuole vivere sempre di più e in modo più dinamico, anche la ristorazione si sta adattando.
Qual è, secondo te, il valore dello storytelling nella ristorazione contemporanea?
Lo storytelling è ciò che dà anima a un ristorante. Oggi non basta avere una buona cucina: serve una narrazione forte che dia identità al locale. Pensiamo ai ristoranti che hanno saputo trasformare il loro brand in una vera esperienza: alcuni puntano sulla storia della propria famiglia, altri sulla valorizzazione di ingredienti rari, altri ancora su format che rendono il pasto un gioco o una scoperta. Il cliente di oggi è curioso e vuole sentirsi parte di qualcosa di autentico. Un ristorante che sa raccontarsi bene ha più possibilità di creare una community fedele, di emergere sui social, di distinguersi dalla concorrenza e di attrarre anche chi è alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Raccontare ingredienti, origini, persone dietro ai piatti: può davvero fare la differenza nell’esperienza finale del cliente?
Senza dubbio. Sapere che quel risotto è fatto con riso coltivato in una cascina centenaria o che il formaggio arriva da un alpeggio inaccessibile cambia la percezione del piatto. Ma non è solo una questione di “dove viene” il prodotto: conta anche chi lo lavora e come. Le persone amano le storie di passione e artigianalità, e un ristorante che sa valorizzare il lavoro dei suoi produttori, chef e artigiani crea un legame più forte con il cliente. Inoltre, questo approccio aiuta anche la ristorazione a diventare più consapevole: promuovere ingredienti locali e sostenibili non è solo una strategia di marketing, ma un modo per educare e sensibilizzare chi mangia.
Quanto contano oggi i social nella percezione di un ristorante?
Tantissimo, perché il primo impatto con un ristorante oggi avviene online. Prima si passava davanti a un locale e si decideva se entrare. Oggi si scrolla il feed di Instagram, si guardano TikTok e si leggono recensioni su Google Maps. Un ristorante senza una forte presenza digitale è quasi invisibile. Ma attenzione: non basta avere belle foto. I social devono essere un canale di dialogo, non solo una vetrina. Chi sa raccontarsi in modo autentico, rispondere ai clienti, creare hype con contenuti engaging, ha un vantaggio enorme sulla concorrenza.
In questo scenario, i creator food hanno un ruolo centrale. I loro contenuti possono decretare il successo di un locale, generando curiosità e portando nuovi clienti. Non si tratta solo di postare belle foto: i migliori creator riescono a trasmettere l’anima di un ristorante, raccontandone la storia, i dettagli nascosti, il dietro le quinte. Il loro impatto è immediato e misurabile: un reel virale può riempire un locale da un giorno all’altro. Per questo, sempre più ristoranti collaborano con creator in modo strategico, puntando su narrazioni autentiche e coinvolgenti piuttosto che su semplici sponsorizzazioni.
Che ruolo ha oggi il cliente nella costruzione dell’esperienza? In un mondo in cui i clienti diventano parte attiva, quasi co-creatori del momento vissuto. E come cambia questo il modo di progettare un servizio?
Il cliente oggi è parte dell’esperienza, non solo un ospite passivo. Ogni recensione, ogni foto postata sui social, ogni consiglio dato agli amici contribuisce a costruire l’identità di un locale. Questo significa che il servizio deve essere pensato in modo dinamico, non rigido. Sempre più ristoranti stanno introducendo esperienze su misura, come menu personalizzabili, possibilità di interagire con la cucina o formule ibride tra ristorante e intrattenimento. Un esempio? I ristoranti con cucine a vista dove lo chef dialoga con i clienti, o i locali che chiedono direttamente alla community quali piatti inserire nel menu. Chi sa coinvolgere il cliente e renderlo parte del proprio racconto vince.
Se dovessi definire il nostro paese a tavola: lo consideri più tradizionalista o più creativo?
L’Italia è un mix perfetto tra tradizione e innovazione. Ci sono piatti intoccabili, vere istituzioni culturali che nessuno si sognerebbe di stravolgere. Ma c’è anche un’enorme voglia di sperimentare. Vediamo sempre più chef che reinterpretano la cucina regionale con tecniche moderne, street food che si evolve in chiave gourmet, pasticcerie che mescolano sapori italiani e internazionali. Il bello dell’Italia a tavola è proprio questa doppia anima: conserviamo gelosamente le nostre radici, ma siamo sempre pronti a innovare.
Il ristorante del futuro com’è?
Il ristorante del futuro sarà un mix tra esperienza fisica e digitale. Ci sarà più attenzione alla sostenibilità, con menu stagionali, riduzione degli sprechi e filiere corte. L’ospitalità sarà più interattiva: i clienti potranno scegliere piatti personalizzati, partecipare alla creazione dei menu o vivere esperienze multisensoriali. La tecnologia avrà un ruolo chiave, ma senza snaturare l’esperienza umana: dai menu digitali con realtà aumentata alle cucine aperte dove il cliente vede e interagisce con chi prepara il cibo. Anche l’intelligenza artificiale avrà il suo spazio, aiutando a ottimizzare la gestione della cucina, prevedere le preferenze dei clienti e migliorare l’efficienza del servizio, senza mai sostituire il calore dell’ospitalità umana.
Inoltre, sempre più ristoranti stanno esplorando il concetto di collaborazioni e takeover tra locali diversi. Questi eventi temporanei, dove chef e locali si uniscono per creare esperienze culinarie uniche, stanno diventando un trend forte. Non solo offrono novità al pubblico, ma stimolano anche la creatività, la sperimentazione e la condivisione di esperienze diverse. Questi format creano hype e attraggono clienti curiosi, amplificando la visibilità e facendo vivere un'esperienza speciale che unisce diverse culture gastronomiche.
Ma prima di tutto, il ristorante del futuro sarà un luogo di condivisione: un posto dove il cibo non è solo qualcosa da mangiare, ma un’esperienza da vivere e raccontare.
E i rischi?
l rischio di un’esperienza digitale superiore a quella reale
Allineare l’offerta del ristorante con estetica e servizio
Eccesso di estetica e spettacolarizzazione dell’offerta con conseguente delusione delle aspettative
Incremento flusso clienti nel brevissimo periodo, non supportato dall’offerta del ristorante (file, gestione non coordinata) con conseguente perdita di qualità e calo reputazionale.
Se un ristorante diventa “il locale di un solo piatto”, può rischiare di perdere identità e clientela fidelizzata. Best practice: Cercare di supportare anche le altre linee di prodotto. Esempio: c’è stato un periodo che Trippa (a Milano), permetteva l’ordine di 1 solo Vitello Tonnato per tavolo per garantire sostenibilità, logistica ma anche la distribuzione coerente di tutta l’offerta del ristorante.
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4 L’integrazione della tecnologia nelle esperienze di ristorazione: menù digitali interattivi, esperienze multisensoriali tramite visori o AR.
Alcuni ristoranti stanno spingendo ancora oltre l’esperienza, integrando esperienze immersive e realtà aumentata in un percorso multisensoriale. Indossando visori o attraverso proiezioni ambientali, i clienti vengono immersi in scenari che amplificano l’esperienza gastronomica: una cena a base di sushi può diventare un viaggio subacqueo, mentre un dessert al cioccolato può essere accompagnato da immagini e suoni di una piantagione tropicale.
Questo tipo di narrazione esperienziale è particolarmente apprezzata nei ristoranti dove lo storytelling si unisce all’alta cucina, e ogni portata è pensata come un “capitolo” del viaggio del cliente/commensale.
Esempi e best practice:
Ultraviolet a Shanghai è uno dei primi ristoranti al mondo a offrire un percorso multisensoriale completamente integrato, dove luce, suoni, odori e proiezioni cambiano a ogni piatto.
Tree by Naked a Tokyo fonde realtà aumentata, arte visiva e cucina in un format sperimentale che racconta una storia attraverso le portate.
In un'epoca in cui l’esperienza è il nuovo lusso e la tecnologia è sempre più integrata nella quotidianità, il settore della ristorazione guarda con crescente interesse alla Realtà Aumentata (AR) e alla Realtà Virtuale (VR). Queste tecnologie, una volta appannaggio esclusivo del gaming o dell’intrattenimento, stanno oggi rivoluzionando anche il modo in cui mangiamo, beviamo e interagiamo con i locali.
Ma cosa succede quando un cocktail da 95 dollari viene servito... con un visore Oculus?
È successo a Chicago, al ristorante Baptiste & Bottle del Conrad Hotel, che ha lanciato “The Macallan Rare Journey”: un cocktail di fascia luxury che fonde mixology e Realtà Virtuale. Il drink è un blend raffinato di Macallan Rare Cask e sherry invecchiato 30 anni, ma l’esperienza inizia prima ancora di toccare con le labbra il bicchiere: agli ospiti viene chiesto di indossare un visore Oculus per intraprendere un viaggio virtuale attraverso la distilleria Macallan, respirare metaforicamente i profumi del legno e dell'orzo, e scoprire la storia e il valore del prodotto .
Nel frattempo, “nel mondo reale”, il personale prepara e serve il cocktail. L’effetto finale è quello di un rituale multisensoriale, in cui la tecnologia amplifica la percezione della qualità e unicità del prodotto.
L’esempio del Macallan cocktail è emblematico di un trend più ampio: l’integrazione di AR e VR come strumenti di engagement e branding, ma anche di ottimizzazione operativa. Secondo gli esperti, tra i principali sviluppatori di queste tecnologie, i campi d’applicazione sono molteplici:
Menu virtuali e aumentati: che permettono ai clienti di esplorare i piatti in 3D, visualizzare gli ingredienti o addirittura “vedere” come apparirà il piatto sul tavolo.
Esperienze immersive: come wine tasting in VR o tour dei vitigni di produzione e delle cantine.
Formazione del personale: con simulazioni in VR per apprendere tecniche di servizio e preparazione.
Progettazione degli spazi: con la possibilità di testare in realtà aumentata il layout di una sala o il flusso operativo del personale.
L’adozione di queste tecnologie non è esente da sfide. I costi possono essere elevati, soprattutto per le piccole realtà in funzione del tasso di adozione; l’accettazione da parte dei clienti può richiedere tempo e formazione; e c’è sempre il rischio di perdere lo human touch che rende unica l’ospitalità e un’esperienza all’interno di un ristorante.
Tuttavia, i vantaggi sono evidenti. I locali che sperimentano queste soluzioni riescono spesso a:
Fidelizzare la clientela con esperienze memorabili;
Incrementare il valore percepito e reale dello scontrino medio;
Differenziarsi in un mercato saturo.
Se negli anni 2000 il food design è stata la nuova frontiera, oggi l’esperienza aumentata, mixata con la virtuale lo è ancora di più. La ristorazione del futuro sarà sempre più ibrida. E se l’obiettivo è sorprendere, emozionare e lasciare un ricordo, la VR e l’AR possono diventare ingredienti essenziali, tanto quanto ottima materia prima in cucina.
Baptiste & Bottle ci ha già mostrato la via: un cocktail da 95 dollari non è solo una bevanda. È un racconto, un viaggio, un contenuto perfetto per la narrazione sulle piattaforme social. E,soprattutto, un’esperienza.
🔜 Nell’ultimo capitolo di questa mini-serie esploreremo l’idea di una ristorazione più sostenibile, autentica e “fatta a mano”: dalle mani degli artigiani al ritorno alla semplicità e al comfort food gourmet. Dalla Stories al Servizio: Gli Influencer che Aprono Ristoranti e come gli chef stanno usando i social per costruire un personal brand e attrarre pubblico internazionale.
Iniziamo buona lettura!
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Aprila e buona lettura
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A presto,
Alessandro
Ieri in un coffee shop ho chiesto alla titolare se poteva mettermi il tè che avevo ordinato in una tazza carina, perché avevo il timore che me lo avrebbe dato in una cup di carta. E lei mi ha risposto "sì, certo, perché devi farci la foto". Così, per dire, essere perculato e con giusto motivo pure! 😄
PS: c'è da dire che l'ho vista impegnarsi a scegliere una dalla sua collezione, e dopo si è pure sincerara che mi andasse bene.