Stiamo rinunciando alla spontaneità? Siamo sicuri che questa rincorsa ad apparire i più fighi che fanno le cose più fighe sia la soluzione di tutti i mali? Ma, soprattutto, siamo sicuri che la gente voglia ancora credere a racconti, ormai inverosimili di persone (forse dovremmo chiamarli account) che lo fanno #perlavoro senza nessuno slancio emotivo?
La tendenza sta prendendo una direzione differente, non perché chi interpreta questo “ruolo” lo faccia male, ma semplicemente perché il pubblico inizia a farsi delle domande, conoscere e capire il mezzo rendendosi conto che le storie raccontate attraverso i nuovi mezzi di comunicazione spesso, hanno ben poco da spartire con la verità.
A questo punto viene da pensare: perché l’identità e la strategia di un’azienda è ancora così anni '90. Spoiler: non sto teorizzando la fine di nulla, sarebbe un errore, ma semplicemente pensando all’evoluzione fisiologica di un mezzo che serve alla comunicazione (lifestyle, fashion, food, ecc.) e che nel tempo cambia la propria metodologia d’azione basandosi sulla narrazione della realtà.
A parte i giganti di questa nuova leva di comunicazione, che da individui si sono fatti ormai human brand, produttori e media, gli altri pare siano destinati a cedere il passo a qualcosa che racconti chi sia davvero l’interprete del prodotto, più che il marchio stesso, per un risultato migliore perché vicino alla vita di tutti i giorni. Così rifletto e cerco di portare il discorso su un livello più generale e generico. Lo sappiamo tutti, anche quelli più ritrosi sull’argomento, che parte della nostra esistenza passa dai social media, ma sappiamo anche che questi non sono la nostra vita, di conseguenza chiunque ormai capisce subito quando il racconto di un accessorio, ingrediente o destinazione sia genuino o meno.
Capiamoci: non vedo nulla di male a diventare testimonial di un brand (non sputo nel piatto dove ho mangiato), ma la cosa sensata è crederci per affinità a ciò che raccontiamo. Non solo per rispetto di chi osserva dall’altra parte dello schermo, ma soprattutto perché oggi nessuno ti crede se tu sei il primo a non crederci sul serio. E non ci sono Fee per posting e IG stories che tengano.
Sembrano banalità, ma mi sembra che la cosa ci stia sfuggendo di mano. È giusto usare questi mezzi come un diario (pubblico o privato) per condividere esperienze ed emozioni con amici e sconosciuti, i tempi sono cambiati, la tecnologia è penetrata nel nostro quotidiano e ostacolarla risulterebbe fuori dal tempo.
Ma è oggettivo: la vita reale non cambia, resta bella o brutta allo stesso modo, anche se i feed raccontano paradisi tropicali, foto patinate, culi lucidi (con hashtag ad hoc) fisici da urlo (con stories che inquadrano dal chirurgo plastico al dentista che pur di essere taggato/a regala il trattamento, e l’influencer del caso racconta quanto sia bello) o semplicemente la banalizzazione delle amicizie costruite nel tempo di un selfie pre-evento, o addirittura pre e post matrimonio.
È proprio questo il concetto di spontaneità a cui faccio riferimento.
Che senso ha, amici comunicatori di brand, aziende e agenzie, anche a livello di strategia commerciale e di comunicazione, mostrare qualcosa di non vero?
Siamo bombardati in continuazione da messaggi spazzatura, tanto vale distinguersi e dare informazioni utili, reali ma soprattutto vere. Altrimenti la credibilità rischia di crollare nel momento in cui si spegne il cellulare. Oggi la fiducia e di conseguenza la reputazione ci viene “regalata” se sappiamo costruire brand utili nella vita di ogni giorno. Se sappiamo strappare un sorriso ed emozionare raccontando una storia.
Se diamo verità, raccogliamo fiducia.
Perché diciamocelo, è più bello farci scegliere, che farci acquistare.
Vuoi qualche consiglio per la tua azienda (ma non solo)?
Facciamo una chiacchierata, scrivimi qui. ✍🏻
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Valeria Volponi
Milanese di nascita, irlandese di cuore, mi sono chiesta cosa fare sino alla soglia dei 30. Sapevo che mi piaceva scrivere: da qui, quasi 15 anni da giornalista professionista ad occuparmi di retail su magazine e quotidiani economici. Poi, una folgorazione e una serie di fortunate coincidenze: e se dessi un senso a quella schiera di orsetti di pezza a cui da piccola facevo da maestra? Ho cominciato come assistente in Iulm, dove oggi ho una cattedra in Visual Merchandising e una in Instore Communication. Insegno Digital Fashion e Social Media Marketing in Marangoni. E tanto per chiudere il cerchio, ho appena pubblicato per Franco Angeli Moda e Metaverso: costruire identità di marca tra NFT, communities e social commerce.
Mi piace cucinare dopo aver sfogliato vecchi libri di ricette, che colleziono. Sto studiando il giapponese, divoro romanzi e serie tv, uso la Settimana Enigmistica per superare la paura di volare. Corro e faccio yoga (spesso con special guest sul materassino la mia gatta Harley).
Come usi i Social?
Seguo con interesse i network locali, da Kakao Talk in Sud Corea a Little Red Book in Cina. E adoro gli influencer, tutti: dai più famosi ai freak, a quelli virtuali, che considero il futuro, più affidabili, modulabili, personalizzabili. Ultimamente, seguo un sacco di creator digitali di NFT e non solo: uno su tutti, Sexsdreams.
Per distrarmi, la serie di Reels sui padri fondatori di Frank Gramuglia non ha pari. E poi i podcast: Modern Love del New York Times, S-Town e in generale tutto il giornalismo investigativo sono in cima alle mie preferenze.
E tu, che cosa ti sei perso? 🤗
La prima tazza di caffè ☕
Prima di influencer e creator c’era il word of mouth. Più comunemente detto: passa parola
Word of mouth marketing, un nome figo per una pratica che esiste fin dagli albori dell’umanità. Alle persone è sempre piaciuto parlare. Per questo un prodotto apprezzato genera spontaneamente conversazioni e opinioni positive o negative.
Oltretutto, lo sappiamo tutti, quando ascoltiamo l’opinione di un amico, viene spontaneo fidarsi di ciò che dice. Consideriamo i consigli ricevuti dalle persone care con maggior autorevolezza e forza persuasiva della comunicazione di marca, e spesso anche più dei mezzi d’informazione tradizionali.
Quando parli con gli amici
Le tecniche di Word of Mouth Marketing servono a veicolare al meglio questo fenomeno naturale, alimentando conversazioni genuine a favore di una marca e dei suoi prodotti.
È fondamentale però offrire alle persone le condizioni possibili per conoscere e condividere la propria passione per un prodotto. Non instillando le proprie idee e parole in bocca, ma liberando le loro.
Da questo presupposto vorrei partire per parlare di etica.
Trasparenza e valore, ecco cosa chiede la nuova generazione di consumatori. Gli ethical influencer sono una delle risposte?
Dagli attivisti, ai green fashion blogger, passando per il mondo food sostenibile, questo articolo cerca di fotografare la nicchia degli ethical influencer in Italia, trovandone le caratteristiche peculiari che li differenziano dai green influencer e in generale dagli altri.
Influencer virtuali e metaverso, etica prima di tutto
L’impressione è che Meta stia ancora una volta confondendo il potenziale commerciale con la pratica etica. Gli influencer virtuali esistono da un po’, Meta ( nata Facebook) è davvero l'azienda giusta per stabilire gli standard etici per gli influencer virtuali e il metaverso in generale? Questo articolo prova a tirare le fila.
Qui la topografia dei virtual influencer
Angela Lansbury questa settimana ci ha lasciati, ma Jessica Fletcher aveva scritto un gioco di realtà virtuale per Oculus Rift?
Non hai bevuto un caffè corretto questa mattina. L'episodio "A Virtual Murder" è andato in onda nel 1993 durante la decima stagione della Signora in Giallo (adattamento italiano, del celebre Murder, She Wrote) la celebre giallista, incappata in un numero sproporzionato di omicidi nella sonnolenta cittadina del New England Cabot Cove. Ambientato negli sfrenati anni '90, un anno dopo l'uscita del film horror in realtà virtuale Lawnmower Man e due anni prima del fallimento del visore Virtual Boy di Nintendo, coinvolge Jessica nella sceneggiatura di un gioco misterioso chiamato A Murder at Hastings Rock per un visore VR. Leggi e vola!
Il concetto di backstage prima dei Social Media
Prima dell'avvento dei Social Media il backstage delle sfilate di moda era un perimetro relativamente privato. "Era inclusivo, ma esclusivo,” afferma il fotografo David K Shields che ha trascorso numerose stagioni a scattare casting e designer della moda di inizio millennio. Spia dal buco della serratura!
Esiste un impatto psicologico per chi guarda e ascolta serie True crime?
I forum o gli spazi social e web dedicati al True Crime possono diventare camere d'eco che alimentano la paura o rafforzano le convinzioni preesistenti distorcendo la percezione del crimine da parte delle persone, rafforzando gli stereotipi. Leggi di più.
Il mestiere del critico gastronomico, spiegato dal film Ratatouille
Il critico va al di là dei pregiudizi si siede al tavolo per imparare. Aiuta a interrogarsi sul valore del cibo, apprezzandone sfumature di abbinamenti che talvolta possono sembrare azzardati. Ci invita alla riflessione su ciò che spesso consideriamo solo nutrimento, ma che nasconde significati più complessi. Su Eater è stato pubblicato qualche tempo fa un interessante articolo di un critico gastronomico, Ryan Sutton. Che dopo aver risposto all’accusa di un lettore di essere stato implacabile nei confronti di un ristoratore, che lo aveva accostato al famigerato Anton Ego, (il temuto critico enogastronomico del celebre film di animazione Ratatouille), ha dato del film una lettura diversa e acuta.
I tool che ho usato questa settimana 🛠
Io l’ho sempre chiamato, “Honey Moon”, l’arco temporale di 90 giorni che passa dall’assunzione all’inserimento effettivo nella vita lavorativa del nuovo posto di lavoro. C’è chi ne ha distillato una check list con consigli puntuali.
Quando sei indeciso sulla risposta, di sempre “NO!”. Le regole per vivere meglio esistono?
Creator che danno consigli. Su come diventare creator
Ti mando la posizione - Dove Mangiare 📍
Italia e Spagna hanno da sempre un denominatore comune che ne unisce il destino culinario: la storia.
Il passato storico della Spagna, teatro di dominazioni di popoli e culture diverse ne ha fortemente influenzato le tradizioni culinarie (proprio come il nostro bel paese). Un incontro di cucine e sapori di mondi lontani che si sono fusi sulle tavole dando vita a piatti unici e dal gusto incredibile.
La varietà è uno degli elementi di forza della cucina spagnola, rendendo un viaggio per le strade spagnole una continua scoperta di sapori: dai piatti di mare che imbandiscono le tavole delle zone costiere, ai sapori di terra delle fertili vallate interne coltivate a ortaggi e frutta, senza dimenticare gli ottimi prodotti caseari e gli allevamenti delle zone montuose.
Un tripudio di gusti esaltato da un arcobaleno di colori nel piatto, che mette appetito e buonumore, presupposti fondamentali per apprezzare la cucina di un paese che metterebbero d’accordo anche il più “straccia-maroni” Sono stato da Albufera Te ne parlo qui.
Nella mia cucina 👨🏼🍳
Ma che cos'è la frisa?
Nel dialetto si pronuncia friseddda, friso, friseddha, spaccatella o spaccatedd, altro non è che un tarallo di grano duro (ma anche orzo e farro integrale) cotto al forno, tagliato a metà in senso orizzontale e fatto biscottare nuovamente in forno.
Mostra infatti una faccia porosa e una compatta, che non è un pane: essendo cotta due volte, ma bis-cottata
Oggi la preparo sponzata con un tocco greco. Seguitemi in cucina!
In cuffia 🎧
One More Time Podcast Una serie che celebra la vita raccontando le storie di chi l'ha vissuta pienamente. In One More Time Luca Casadei (noto imprenditore seriale e manager di creator) affronta, insieme ai suoi ospiti, la rinascita passando dai fallimenti.
Non hanno un amico podcast Diventato già un cult, il daily di Luca Bizzarri scritto insieme con Ugo Ripamonti – che, analizza, con la corrosiva ironia dell’attore e comico genovese, il meglio e il peggio della campagna elettorale appena trascorsa, “una campagna elettorale a colpi di meme, tweet e battute. Nella pratica ci si chiede se i nostri politici contino mai fino a 3 prima di twittare, o nessuno che chieda consiglio a un amico prima di postare.
Cosa sto leggendo 📚
Un ex capo gabinetto racconta i retroscena dei poteri. Tecnica e relazioni, è attorno a queste due parole che ruotano le sue “confessioni” raccolte da Giuseppe Salvaggiulo e pubblicate da Feltrinelli. Chi sia questo capo di gabinetto, ovviamente, non è dato sapere. Il capo di gabinetto, o meglio il suo archetipo, è uno a cui non interessano “i palcoscenici da aspiranti ministri ma i camerini da aspiranti capi di gabinetto”. Uno che sa sempre chi chiamare e che, semplicemente, si fa chiamare “Signor capo di gabinetto”: signore e basta, “che nella Roma dei dotto’ è il massimo della formalità e dell’ossequio. La misura della distinzione”.
Polaroid ⭐
Cosa mi porto a casa questa settimana. L’insegnamento, o comunque esperienza
Lasciate che i clienti prendano altre strade. Le persone e le situazioni si evolvono. Non potete offrire tutto a tutti. Non modificate la vostra offerta in funzione di un cliente. Le aziende devono restare fedeli a un tipo di cliente piuttosto che ad un singolo individuo o compagnia, le cui esigenze si modificano nel tempo.
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Giovedì ti invierò la prossima mail.
Aprila e buona lettura
A presto,
Alessandro